D’apres Rodin. Scultura italiana del primo Novecento

In concomitanza con la mostra su Rodin alle Terme di Diocleziano, la GNAM presenta “D’apres Rodin”, ovvero la ricezione da parte della scultura italiana del primo Novecento del messaggio rodiniano. L’originale rassegna curata da Stefania Frezzotti, riporta all’attenzione artisti poco noti di grande talento e non abbastanza apprezzati, che accolsero il messaggio della scultura rodiniana, confrontandosi col grande maestro.

Le quaranta opere esposte, fra marmi, terracotte, bronzi e gessi, per metà appartenenti alla galleria romana, molti riemersi dai depositi, altre da collezioni private, vanno da Menardo Rosso, legato al maestro francese da rapporti prima di amicizia e poi di aspra conflittualità, a Libero Andreotti, Arturo Dazzi, Arturo Martini, Giovanni Prini, Carlo Fontana, Giuseppe Graziosi, Segantini e Bistolfi, solo per citarne alcuni, tutti folgorati dalla carica innovativa della scultura di Rodin, fin dalla Biennale di Venezia del 1901. Le novità proposte dalle opere del francese, proiettarono la scultura dell’epoca verso la modernità e gli scultori italiani sentirono il bisogno di accogliere e misurarsi con tale rivoluzione. Questa apertura verso l’opera e il messaggio del parigino fu favorita dal rapporto di quest’ultimo con l’Italia e con la sua cultura, rapporto forte e duraturo che mostrerà i segni durante tutta l’attività artistica, come la Porta dell’Inferno, ispirata alla cantica dantesca o il suo indissolubile e continuativo legame con l’arte di Michelangelo. La selezione delle opere lungi dall’essere esaustiva, ma riesce a cogliere, anche grazie a disegni inediti di Rodin a corredo della mostra, quanto e quali caratteristiche della poetica rodiniana furono recepite e sviluppate in Italia: il michelangiolesco “non finito”, che ora perde la valenza neo-platonica, ponendosi invece come un dualismo-contrasto tra modellato levigato della figura e materia scabra, evidente nella serie di sei bassorilievi in marmo rosa di Andreotti.

L’allestimento della mostra è di grande effetto: al centro il Bevitore di Martini, in peperino grezzo che ricorda i calchi dei corpi di Pompei. Addossati alle pareti marmi e bronzi. Da un lato corpi levigati e bianchi poggiano su materassi, qui troviamo opere di Trentacoste, come “Nudo di donna”, Zanelli, Graziosi, Quadrelli, la “Bambina” di Dazzi. Dall’altro lato, a contrasto, i bronzi: la “Lupa ferita” e la “Donna che nuota” di Martini e il “Torso” di nudo femminile di Prini, presente anche con i marmorei “Amanti”, reinterpretazione in chiave secessionista de “Il Bacio” di Rodin.

Dopo la morte di Rodin nel ’17, la sua influenza va scemando, il clima culturale post-grande guerra vira verso un ritorno all’ordine, rendendo la lezione rodiniana non più attuale, ma nonostante ciò alcuni episodi scultorei che mantengono quella vitalità resistono, come dimostrerà l’opera di Martini.

Roma,  Galleria Nazionale d’Arte Moderna

11 Febbraio – 18 Maggio 2014

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